martes, 15 de mayo de 2012

NASA: Syria - Irak - Jordan - Saudi Arabia - Dust Storm in the Middle East




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In early May 2012, a dust storm blew over the Middle East, particularly east of Damascus. The storm covered most of Syria, and extended into Iraq, Jordan, and Saudi Arabia. The Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer (MODIS) on NASA’s Aqua satellite captured this natural-color image on May 11. The dust was thickest in the west, especially over Jordan and northern Saudi Arabia, and thinning toward the east.
Source points for this storm aren’t obvious in this image, but the vast sand seas of the Arabian Peninsula provide plentiful material for dust plumes. In addition, impermanent rivers and salt lakes occur throughout the region. The fine sediments from these features, as well as from the Tigris and Euphrates floodplains, can feed dust storms.
In a study published in 2012 by researchers from the University Corporation for Atmospheric Research, scientists analyzed the particulate matter found in dust storms over Iraq from December 2008 to March 2009 and found that the particles were (from most to least abundant) silt, clay, and sand. As clay and silt particles are much smaller than sand grains, they can be lofted into the air by lighter winds and may occur more frequently in dust storms.
  1. References

  2. Al-Dabbas, M.A., Abbas, M.A. (2012) Dust storms loads analyses—Iraq. Arabian Journal of Geosciences, 5(1),121–131.
  3. University Corporation for Atmospheric Research. Forecasting Dust Storms. (Registration required).
NASA image courtesy LANCE MODIS Rapid Response. Caption by Michon Scott.
Instrument: 
Aqua - MODIS
 



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Poesia: Federico García Lorca in Italiano - Gli Incontri Di Una Lumaca Avventurosa





GLI INCONTRI DI UNA LUMACA AVVENTUROSA


                                                  A Ramón P. Roda
 


Che dolcezza infantile
nella mattina tranquilla.
Gli alberi tendono
le braccia verso la terra.
Un vapore tremulo
copre i seminati
e i ragni tendono
le loro strade di seta
- incrinature sul cristallo pulito
del vento -.
            Sul viale,
una fonte recita
il suo canto fra l'erbe.
E la lumaca, pacifica
borghese del sentiero,
umile e ignorata
contempla il paesaggio.
La pace divina
della natura
l'ha rincuorata,
e dimenticando le pene
della casa, desiderò
vedere la fine del sentiero.
 
Camminando s'internò
in un bosco d'edere
e d'ortiche. In mezzo
c'erano due rane vecchie
a prendere il sole,
tristi e malate.
«Questi canti moderni
mormorava una di loro -
sono inutili». «Tutti,
cara - le risponde
la compagna che era
ferita e quasi cieca -.
Da giovane credevo
che se un giorno Dio sentisse
il nostro canto, ne avrebbe
pietà. La mia scienza
ho vissuto molto -
m'impedisce di crederlo.
E io non canto piú...»

Le due rane si lamentano
chiedendo l'elemosina
a una giovane ranocchia
che passa sdegnosa
scartando l'erba.
Davanti al bosco cupo
la lumaca si spaventa.
Vuol gridare. Non può.
Le rane le si avvicinano.
 
«È una farfalla?»
dice la cieca.
«Ha due piccole corna
- risponde l'altra rana -.
È la lumaca. Lumaca,
vieni da altri paesi?»
 
«Vengo da casa mia e voglio
tornarci subito.»
«È un verme vile
esclama la rana cieca -.
Non canti mai?». «Non canto»,
dice la lumaca. «E non preghi?» 
«Neppure: non ho mai imparato.»
 
«Non credi alla vita eterna?»
«E che cos'è?»
              «Mah, vivere sempre
nell'acqua trasparente
vicino a una terra fiorita
di ricchi pascoli.»
 
«Da bambina, un giorno
la mia povera nonna mi disse
che dopo morta sarei andata
sulle foglie piú tenere
degli alberi piú alti.»
 
«Tua nonna era un'eretica.
La verità te la diciamo noi.
Dovrai crederci!»
dicono le rane furiose.
 
«Perché ho voluto vedere il sentiero?
geme la lumaca - Sí, credo
per sempre alla vita eterna
che dite voi...»
             Le rane
pensierose si allontanano
e la lumaca spaventata
si perde nella foresta.
 
Le due rane mendicanti
restano come sfingi.
Una alla fine chiede:
«Credi alla vita eterna?»
«Io no», dice tristemente
quella ferita e cieca.
«Allora perché abbiamo detto
di credere, alla lumaca?»
«Perché... Non lo so
dice la rana cieca -.
Mi emoziono
quando sento i miei figli
invocare Dio con fiducia
dal canale...»

La povera lumaca
torna indietro. Nel sentiero
un silenzio ondulato
sgorga dal viale.
S'incontra con un gruppo
di formiche rosse.
Sono tutte in tumulto
e trascinano a forza
un'altra formica
con le antenne spezzate.
La lumaca esclama:
«Pazienza, formiche.
Perché maltrattate così
la vostra compagna?
Ditemi quello che ha fatto.
Giudicherò io in coscienza.
Su, formica, racconta tu.»

La formica mezza morta
le risponde tristemente:

«Ho visto le stelle.»
«Che cosa sono le stelle?», dicono
le formiche inquiete.
E la lumaca pensierosa
domanda: «Stelle?»
«Sí - ripete la formica -.
ho visto le stelle,
son salita sull'albero piú alto
che abbia il viale
e ho visto migliaia d'occhi
nelle mie tenebre.»
La lumaca domanda:
«Ma che cosa sono le stelle?»
«Sono luci che portiamo
sulla nostra testa.»
«Noi non le vediamo»,
commenta

E la lumaca: «La mia vista
arriva fino all'erba.»

Le formiche esclamano,
muovendo le loro antenne:
«Ti uccideremo; sei
pigra e perversa.
La tua legge è il lavoro.»

«Sí, ho visto le stelle»,
dice la formica ferita.
La lumaca sentenzia:
«Lasciatela andare,
fate le vostre faccende.
Può darsi che muoia
presto, arresa.»

Nell'aria dolce

è passata un'ape.
La formica agonizzante
sente la sera immensa
e dice: «Viene a portarmi
su una stella.»

Le altre formiche fuggono
vedendola morta.

La lumaca sospira
e s'allontana stordita,
piena di confusione
per l'eternità. «Il sentiero
è finito - dice -.
Forse di qui
si arriva alle stelle.
Ma la mia grande lentezza
mi impedirà di arrivare.
Non pensiamoci piú.»

Tutto era soffuso
di sole pallido e nebbia.
Campane lontane
chiamavano in chiesa
e la lumaca, pacifica
borghese del sentiero,
intontita e inquieta,
contempla il paesaggio.

Granada, dicembre 1918







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